Non andare cercando quale sorte il destino ha assegnato a me, a te; non consultare i maghi d'Oriente. E' meglio - vedi - non sapere; è meglio sopportare quello che verrà. Forse molti anni ancora stanno davanti a noi; forse questo inverno, che le onde del tirreno fiacca su la scogliera, è l'ultimo. Ma tu ragiona, vivi felice, e, poiché breve è la nostra vicenda, non inseguire i sogni di un futuro lontano. Ecco, mentre noi parliamo, il tempo invidioso se ne va. Cogli questo giorno che fugge, e non fidarti mai del domani.
(da Orazio, Odi, I, II)

lunedì 9 settembre 2013

E i bambini osservano muti

Remì è un bambino di dieci anni. Suo nonno è un boss della camorra, sua nonna è serva fedele del boss. Il padre di Remì una mezzacartuccia, non ce l'ha la cazzimma per essere camorrista. La madre prima innamorata, poi ribelle. Zio Geggè, fratello del boss, camorrista pure lui, ma con cuore si potrebbe dire, è lui che salva la madre di Remì.
Di Remì, della sua nobiltà d'animo, e delle persone intorno a lui parliamo stasera con Elke, Maria, Sarah, Lavinia, Giuliana e Sara, due nuove arrivate. Parte la sesta edizione degli Itinerari.
E' un libro interessante questo, e forte. A raccontare una storia di mafia è un bambino, Remì. E nella storia, oltre alle cose grandi, mafiose appunte e osservate con la semplicità dei dieci anni, ci va anche il micro pugno magico, forse ancora più grande per la salvezza del piccolo eroe.
Remì l'abbiamo ammirato tutti e abbiamo tifato per lui, gli siamo stati accanto. Non siamo riusciti neppure a condannarlo alla fine, ci ha sconvolto il suo amore e il suo dolore per la mamma. Su Antonio Cafuro, il padre di Remì, siamo divisi. Giuliana non lo ritiene degno. Per Sara resta seduto in poltrona, come lo stesso bambino racconta. Maria lo difende. Non accetta che sia detto di lui vigliacco, lui è degno. Lui decide, pur in quella famiglia, di non fare nulla che lo possa definire mafioso. Non è dentro il sistema, invece Giovanna, sua moglie, si che c'era. E' un uomo distrutto quando sua moglie fugge, ma la ama e continua ad amarla, mentre sta decidendo se ribellarsi al padre boss. L'unica sua colpa è che l'ha picchiata troppo, sua moglie, per compiacere il padre boss. Io pure penso così di Antonio, e sono fermamente convinta che l'avrebbe ammazzato lui il boss, è stato solo anticipato. Per Giovanna ho provato delusione quando ho scoperto quanto era dentro alla mafia. Giuliana invece di lei crede che è cresciuta con gli stessi occhi del bambino. In più si è fatta rispettare. Non sono critica con Antonio quando, come s'interroga Sara, non abbandona quella sua città, quel luogo di mafia. Ci sono alternative, penso, oltre all'andarsene e Antonio ci prova e lo dimostra scegliendo di restare. I luoghi sono amati da chi li abita, non sarebbe giusto abbandonarli perché qualcun altro ve ne fa scempio. Ne deriva una ulteriore riflessione, dice Maria. L'attrazione per le cose che ci fanno orrore. Per i luoghi, come per le persone appunto. Vedi Remì. Odia il nonno, ma ne è attratto. E' un bambino corruttibile, attratto da una violenza disumana. Infatti secondo Sarah, senza la fuga della mamma, Remì sarebbe diventato di sicuro un mafioso. Sarebbe andato ad allungare la lista dei personaggi negativi, aggiunge Giuliana. Negativo è zio Geggè, anzi schifoso secondo Sarah. Tipico mafioso secondo Patrizia B., se ne fotte del divieto di tornare nella sua città e ha la strafottenza di chiamare un locale La camorra. Mentre Antonio neppure in un locale chiamato camorra vuole mettere piede, è questa la sua forza, la sua positività, io lo difendo. Don Furore, il boss, spregevole per tutti.
Elke ancora non digerisce il finale di questa storia, non riesce a immaginare che le regole mafiose siano davvero così. Purtroppo sì. É restata incantata, come Patrizia e tutti, dal racconto con errori grammaticali apposta, coi particolari della mafiosità, con questi pensieri bambini in mezzo a pensieri adulti. Anche se, alla fine, non c'è alcun pensiero. E' deciso e basta quello che si deve fare. Non c'è più tempo per pensare. Poi però il bambino se la fa addosso, chiosa Lavinia. Ma non quando è stato necessario, la corregge Maria.
Ci sono passi di questo libro d'una bellezza sconvolgente, quello del sangue del boss, ad esempio, che, complice la pioggia battente, impregna la città di lui ancora dopo morto ed entra in tutti gli scantinati, nei bassi, nell'ignoranza di una città. Perché sugli ignoranti, nel senso originale della parola, la criminalità ha il potere e lo agisce. Ci insegnano così le persone che la combattono in prima linea.
Stupendo il pensiero sul perdono. Così bello che Patrizia B. avrebbe voluto che Antonio lo avesse proprio pensato lui per riscattarsi da uomo, per riscattare tutti gli uomini. Invece è di Giovanna, lui lo riferisce solo, ma non diminuisce la bellezza.
Tenera la descrizione del bambino che si addormenta sulle parole del padre alla madre.
Senza parole l'atto finale della storia, ma non c'era altra scelta. Ad un certo punto il male bisogna interromperlo. Chi ha più coraggio deve farlo.



1 commento:

  1. Oh, Vita! Questo diario della nostra discussione è di una limpidezza unica. grazie! E a domani, 30 novembre, con Marotta, non vedo l'ora di guardarlo in faccia e ascoltare quello che avrà da raccontarci. Ciao

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